Oui, je suis l’amour berlesque

 

Solo per quella sera, la ballerina arrivò con un contorno di lazzi, servitori, paggi, menestrelli e coriandoli, preceduta dai fantasmi di una banda deceduta, che a teatro si tolse maschere e camuffi. Le bende della banda furono abbandonate creando sbandamento ai bandoleri stanchi.

Le note del piano tenere e stanche uscivano dal fumoso locale e si disperdevano tristi tra tetti rossi, campi e fossi.

Il doppiopetto di velluto marrone del presentatore, si muoveva sul palco posseduto da un corpo sgraziato e spregato, tanto per essere educato, accompagnato da due scarpe di vernice bianca. Illuminato dai riflettori, scangiava colore e lucentezza ad ogni piega, ad ogni carezza.

Una ventina di avventori si avventavano velocemente su boccali di birra o su mesti whisky di seconda scelta, visto che la prima scelta già l’avevano fatta nel momento in cui decisero di bere.

Dalla penombra fumosa, rivolgendosi al pianista, qualcuno disse : “suonala ancora, Sam…”

Ma il pianista non si chiamava Sam, e quindi non la suonò di nuovo. Continuò con le stesse poche note che lo resero famoso: fra Martino campanaro, dormi tu, dormi tu, suona le campane, suona le campane, din don dan… e nessuno seppe mai come facesse a suonare le campane mentre dormiva…

Era un pezzo struggente. Qualche lacrima finì nei bicchieri di periferia.

Il fascio di luce del faretto rosso sventolava in sala e colpiva a caso, caso mai ci fosse stato bisogno, e travisando visi, pronunciava zigomi incompresi tra tristi avventori obesi.

Ancora qualche minuto di attesa e la baiadera della sera, per questa volta avvolta solo da una bandiera, comparve sul palco lasciandosi dietro nuvolette di talco.

I capelli tinti, le unghie smaltate, le labbra pittate, gli occhi ornati, nulla aveva di più finto che il suo rivestimento da stella del firmamento.

La musica cessò anche senza accento, e fu solo per un momento che il pubblico sgomitando rimase sgomento.

La bella finta mora baiadera della sera avvolta in una bandiera, lasciava intravedere capezzoli e sedere, al qual cospetto, anche l’avventore più distratto si innamorò distrutto.

La danza fu sensuale, istintiva e primitiva, mai uguale, con le movenze di una biscia senza la dorsale.

E mentre l’eccitazione saliva e nell’eccitazione aumentava la saliva, tra una lacrima e uno sbavo, il pianista abbozzò un valzer slavo, poi una beguine seguita da una rumba, tampinata da una salsa e la baiadera senza canottiera ma con ancora la bandiera disse:

“ maestro, prego…”

“grazie” rispose lui, immaginandosi le di lei grazie, e durante questi accordi la luce sciabolata dei faretti in trasparenza le illuminò il profilo.

Fu come farla a fette, tutti in platea le videro le tette.

Non ci fu più freno né frizione, esplose un’ovazione e anche se rivali, tutti solidali come soldati di frontiera con lo sguardo attento alla giarrettiera o meglio ancora alla ricerca di un’ombra nera.

Poi d’un tratto come in battaglia, cadde a terra la bandiera e la luce illuminò, come un colpo di mitraglia, sia viso che boscaglia!!

Il silenzio fu pesante, ma durò solo un istante. Tra spasmi, sposami, bellamore, fischi, brava, apprezzamenti, complimenti e una scazzottata, se ne andava la nottata.

E lei, voltandosi con il passo della fretta, si lasciò ammirare le forme del sedere… meravigliose e vere, non erano mica ritoccate o finte, e con quella foto scomparve tra le quinte…

… …

Non appena giunse in camerino si sedette tutta nuda e addentò il suo tramezzino, e raccogliendo un po’ di maionese, si accostò alla porta, proprio mentre bussava il curato del paese. “Amore mio, tu e le tue sorprese !” disse lei. “Baiadera del mio cuore, ti ho visto ancor più bella. Da lontano, al buio, vedevo poco, ma quando hai perso la bandiera ho preso fuoco!” “Entra, sei un maiale, ma ti adoro…” disse lei finendo il pomodoro. “Ti amerò sempre” disse lui, e sedendosi, al suo grembo avvicinò il viso. Chiuse gli occhi, pensò a Dio, inspirò il suo calore e disse : “è questo il paradiso!!” Lei gli accarezzò i capelli e nel mentre, un languore a lei noto le pervase il ventre. “ Ti amo anch’io amore mio, so quel che vuoi da me e lo avrai, senza i se e senza i mai. Lo avrai senza problemi e senza guai, amami pure quando vuoi o quando potrai.” Così dicendo, infilò la mano nel panciotto e gli sfilò la Bibbia, gli slacciò i bottoni con dei gesti a otto e gli sganciò la fibbia.

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