La zanzara di zenzero di Zanzibar
Prendere un pezzo di carta e iniziare a scrivere a ruota libera, come se ci fossero altre ruote prigioniere e, se mai lo fossero, sarebbe almeno cortese chiedere perché. Perché prigioniere, in base a quale condanna, e per chissà quale reato. Una ruota prigioniera! Con la sola colpa di ruotare, magari, o di fermarsi a piacimento. Ma parlavamo di scrivere a ruota libera, condizione secondo la quale si dovrebbe solo scrivere, lasciandosi andare, senza pensare ad un senso, senza cercare la forma o la rima, lasciare uscire le parole così come si ammucchiano nella mente prima di essere formate e composte con sintassi perfette. Insomma buttare giù come uno sciacquone del cesso. In teoria poi ci pensa la tua vena artistica a sgorgogliare celati o palesi contenuti e messaggi. Con la pittura si fa prima a buttare giù. Qualsiasi macchiarigaspatolataforograffio su una tela, può essere interpretato, assimilato, criticato, apprezzato, imitato quando non sia già imitazione di qualcos’altro, ma con le parole non puoi, neanche un dadaista è immune dalla condanna dei parolieri contastorie come me. Se un pittore urta un barattolo di vernice che gli macchia la tela, potrà comunque trovare consensi, ma un paroliere no, un paroliere per quanto folle, squilibrato, avanguardista, metasemantico, dovrà comunque dare una logica alle sue parole. Perché le parole sono femmine, donne capite? E metterle d’accordo tutte insieme è un’impresa da eroi, una missione impossibile, ma talvolta, quando capita, dall’ineguagliabile emozionante splendido risultato. Ora provateci anche voi a lasciare libera una ruota, uscite dai binari e provate a volare alto. E’ bello sapete?
MS
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